martedì, febbraio 27, 2007

Api-02






Se fosse stato possibile sentire i pensieri di Api avremmo danzato alla musica dei suoi sospiri.

Il sole, alto nel cielo cominciava a segnare il suo territorio, un lavoro lungo un giorno.

L’avrebbe dimenticato la notte e ripreso l’indomani. I raggi passavano tra i morbidi e lunghi capelli di Api come dita luminose, avvolgendoli e pulendoli come nessun sapone avrebbe potuto fare.

Un santo, un mago, un mostro? O soltanto un uomo? È certo che come un semplice uomo sedeva appoggiato ad un albero a farsi accarezzare dal sole circondato da migliaia di api: le sue api, se stesso.





I° Capitolo:

Spavento.




Teresa sedeva composta sulla sua piccola sedia. Quando gliela avevano regalata aveva pensato che fosse troppo grande e ora che era cresciuta le faceva piacere di essere avvolta e un po’ circondata dalle sue braccia di legno.
Sembravano tutti spaventati, ma lei era felice. La mamma si strofinava nervosa le mani l’una contro l’altra e cercava di trattenersi facendo tanti sorrisi. Ma lei lo sapeva che era arrabbiata e non voleva farlo vedere. Il babbo stava davanti alla sua piccola sedia, in ginocchio, e le faceva tutte quelle domande sul suo amico gentile.

Lo sapeva anche lei che un po’ aveva sbagliato; non doveva allontanarsi così tanto da casa senza chiedere il permesso. Però era tornata, stava bene e nessuno si era accorto della sua mancanza, se non si fosse messa a raccontare del suo amico pieno di api e che l’aveva salvata.

Che bella giornata, lei lo vedeva subito se era bella o brutta. Appena si alzava guardava dalla sua finestra e contava le nuvole, se erano dispari avrebbe piovuto, o almeno sarebbe stata una brutta giornata. Se le nuvole erano pari sarebbe stata una giornata splendida. E lei quella mattina aveva contato le nuvole ed erano due, pari, quindi bellissimo tempo in vista.

Non si faceva cogliere in “castagna” come quando confidò a Mario il suo metodo infallibile per capire il tempo. Lui le disse:- Come fai a capire se è bello o brutto se nuvole non ce ne sono?
Ma lei non ci cascava sapeva benissimo che se non ce n’erano sarebbe stata una bella giornata.
Non si era sbagliata, era stata una giornata ottima per tutto il giorno; almeno fino a quando non l’avevano chiusa dentro la sua camera tutti preoccupati e l’avevano riempita di domande sul suo amico.

Rimaneva in silenzio, senza parlare e guardava la madre preoccupata e il suo babbo che continuavano a chiederle chi fosse e dove fosse e che le avesse fatto il suo amico delle api. Stava zitta, ma non perché non volesse rispondere ma perché non sapeva cosa rispondere. Era stata contenta di aver incontrato il suo amico, se non fosse stato per lui sarebbe morta.

Ma non sapeva come si chiamava né da dove veniva e avevano parlato un po’ e giocato con le sue api.
Le era sembrato subito bellissimo anche se lo aveva visto attraverso le lacrime che le uscivano dagli occhi.

Quando si era allontanata dalla casa lo aveva fatto solo per respirare un po’ di aria diversa, si chiedeva sempre come fosse il sapore dell’aria che abitava più distante da dove viveva o che galleggiava lontano da lei.
Quando era più piccola si divertiva a correre con la bocca aperta per ingoiarne il più possibile; le dispiaceva non poterla assaggiare tutta, l’avrebbe fatto se avesse potuto correre forte e volare lontano…

L’aria attorno alla casa l’aveva già respirata abbastanza e prima di pranzo aveva voglia di assaggiarne dell’altra un po’ più distante da lì, forse le avrebbe fatto venire più fame...

Mentre tutti erano occupati a preparare, si era allontanata. Non si era accorta di quanto fosse andata distante, ma non sentiva più le voci degli zii e dei cugini. Aveva trovato un posto fantastico.

- Dimmi cos’avete fatto. Ti ha detto qualcosa che ti ha fatto paura? Ti ha fatto qualche cosa?
IL babbo le aveva preso le mani e la stava guardando dritta negli occhi. Era gentile e calmo, sorrideva anche un po’ ma sapeva che se gli avesse detto una cosa sbagliata si sarebbe arrabbiato tantissimo. Era sicura che quando avesse saputo quello che voleva sapere si sarebbe messo ad urlare. E lei non voleva vederlo arrabbiato, le faceva paura solo l’idea. Non gli avrebbe detto quello che voleva ascoltare per arrabbiarsi.
Ma il fatto era che non sapeva cos’era che voleva sapere. Non era successo niente di male e si era divertita tantissimo, solo questo.

- Ti ha detto come si chiama? Com’era?...

Forse era questo che suo padre voleva sapere, ma non glielo aveva detto il suo nome e lei non lo sapeva.
Per quale risposta si sarebbe arrabbiato?

- Da dove veniva? C’era qualcun altro con lui?

In un attimo aveva deciso, non avrebbe detto più niente. Sarebbe stata zitta, non avrebbe fiatato. Se fosse servito sarebbe stata in silenzio per tutta la vita, da ora non avrebbe detto più nulla, se fosse servito avrebbe scritto su un pezzo di carta quello che le serviva ma non avrebbe parlato mai più.

- Insomma non vuoi parlare? Non mi fare arrabbiare Teresa, dimmi cosa è successo e chi ti ha morso sul braccio.

- Non alzare la voce con lei, non devi spaventarla.

La madre era intervenuta, aveva smesso di stropicciarsi le mani e le aveva appoggiate sulle sue piccole spalle. Ora era dietro di lei e guardava il padre dall’alto. Lo vide alzare lo sguardo, le lasciò le mani, indietreggiò.

- Allora parlaci tu visto che non vuole parlare con me, forse tra donne…

In piedi la guardò severo, poi uscì chiudendo la porta. Sentiva le mani calde della mamma sulle spalle, era riuscita a non dire niente. Ma le veniva da piangere e non capiva perché, era stata una bella giornata fino a quel momento. Ora la mamma le era davanti e la guardava con i suoi begli occhi nocciola e caldi. Non era più nervosa e le sorrideva, la prese tra le braccia proprio come faceva quando era bambina, sentì qualcosa di caldo salirle dallo stomaco, non poté trattenerlo e lo liberò in un fiume di lacrime.


“Api”


Seduta sull’erba, Teresa respirava piano l’aria pulita di quell’angolo di bosco. Aveva camminato fino ad arrivare ad un muro di siepe che aveva oltrepassato infilandosi sotto, strisciando. La scoperta era stata bellissima: dietro, come nascosto, un piccolo giardino selvatico, pieno di piante e di fiori colorati. Un paradiso in miniatura; si era guardata attorno, aveva anche battuto le mani contenta come faceva quando era ancora una bambina, e si era seduta. Proprio nel mezzo del prato.

Aveva chiuso gli occhi e respirato piano gustando il profumo delicato e dolce di quell’angolo di bosco. Sentiva il ronzio di alcune api, ma non le facevano paura, anzi le piacevano molto e restava guardarle per ore quando si posavano sui fiori del suo giardino.

- Ahia!

Era saltata in piedi appena aveva sentito dolore. Qualcuno, qualcosa le pungeva il braccio. Lo teneva davanti ai suoi occhi, sbarrati, mentre la cosa cadeva per terra e veloce strisciava, fino a nascondersi in fretta dentro un buco, per terra.

Strinse il braccio e guardò la ferita, una piccola riga di sangue, bruciava.

- Mamma!

Una lacrima, grossa e calda cadde sulla ferita, ora due rossi fori, e per un momento brillò come una pietra preziosa. Poi cominciò a bruciare urlando dolore.
Non sapeva neanche quanto tempo rimase a guardarla, sicuramente parecchio, perché non si accorse dell’arrivo dell’uomo. Se ne avvide soltanto quando una piccola ape si posò sul suo braccio, che teneva saldo e stretto, e dopo una piccola danza volò via. La seguì con lo sguardo e vide un uomo che le veniva incontro. Era a due passi da lei, le sorrise, rallentò, si chinò in ginocchio e dolcemente le prese il polso e guardò la ferita.
- Una vipera. Disse Teresa.

Tremava tutta e si teneva il braccio stretto. Guardò l’uomo e vide che sorrideva. Guardava la ferita, poi alzò lo sguardo e disse:

- Già, si sarà arrabbiata perché le hai rubato l’aria.
- Mi ha morso. Ora morirò?
- No, ho delle amiche con me che ti salveranno.

L’uomo si sedette e dolcemente fece sedere anche Teresa di fronte a lui.

Con un profondo sospiro il vento trattenne il respiro e gli alberi smisero di ciondolare le fronde. Ora nel silenzio un uomo ed una bambina stavano seduti in mezzo al prato chini a guardare il piccolo braccio ferito.

Teresa si accorse che aveva tenuto i suoi occhi fissi sul braccio fino a quel momento, si era seduta sull’erba e non se n’era neanche accorta. Alzò lo sguardo e incontrò quello dell’uomo che lo riabbassò per osservare la piccola ferita. Lei continuò a guardarlo curiosa, i capelli gli scendevano lunghi sulle spalle era alto e robusto anche se non era troppo grosso. Indossava una camicia sbottonata sul collo e un gilet chiuso sul petto. Portava un giubbotto di pelle, come di pelle erano i suoi calzoni. Le scarpe erano robuste anche se mostravano i segni di lunghe camminate. Nel silenzio del bosco Teresa continuava a scrutare l’uomo seduto davanti a lei. Aveva quasi dimenticato il bruciore della ferita che ora stava diventando più forte, tutto il braccio le doleva.
- Hai. Fa male.

L’uomo alzo lo sguardo e sorridendo le disse:
- Guarda.
Vicino alla sua ferita si era posata una piccola ape che girava su se stessa come se stesse danzando. Volò via e subito altre due si posarono sul braccio. Anche loro danzarono un poco e furono circondate da altre api. In pochissimo tempo ne arrivarono tantissime. Teresa alzò gli occhi dall’assembramento e rimase a bocca aperta, stupita: dalla camicia aperta dell’uomo ne stavano uscendo a decine, a centinaia.

- Non aver paura, sono amiche, ti vogliono curare. Porteranno via il veleno, così non morirai e potrai continuare a respirare e giocare, se vuoi.

Il braccio, ora. Era completamente coperto di api, migliaia di api. Teresa sentiva un leggero solletico, non aveva paura ma non vedeva il braccio che teneva sempre fermo e fisso davanti a lei.
L’uomo le lasciò il braccio, sorrise e disse:
- Bene, fatto, ora non c’è più pericolo.

Batté leggermente le mani, e in un attimo tutte le api si levarono dal braccio e volarono dentro la sua camicia, scomparendo.
Teresa si guardava cercando la ferita, niente, nessuna traccia di sangue. Soltanto due piccolissimi fori, ormai completamente cicatrizzati.

La mamma le accarezzava la testa. Come faceva quando era “molto bambina”. Aveva ascoltato tutta la storia che Teresa aveva raccontato, senza dire niente.

- E poi che è successo?

Chiese la madre con la voce calma.

- Abbiamo giocato con le sue api, mamma erano tantissime. Gli uscivano dalla camicia e facevano quello che voleva lui.

Per un attimo sentì la mano della mamma che si fermava, poi riprese ad accarezzarle la testa. Aveva avuto paura che si arrabbiasse che la sgridasse.
Aveva continuato a giocare un po’ col signore delle api, e che meraviglia i giochi che sapeva fare. Quando si era accorta che il sangue era sparito aveva avuto paura e aveva cominciato a piangere ma l’uomo le aveva accarezzato i capelli e le aveva detto di guardare. Si era alzato e dalla camicia erano uscite tantissime api che ronzando si erano alzate in volo veloci.
Teresa aveva smesso subito di piangere e aveva guardato l’uomo che danzava con tutte le sue api.

- Cos’è che ti piacerebbe vedere? Dimmi una cosa che vorresti vedere, che vorresti avere qui con te. Oppure che non hai mai visto e che vorresti vedere.
- Un aquilone! Grande come quello del babbo. Quello rosso con le code lunghe…

Non aveva neanche finito di parlare che le api si unirono le une alle altre strette strette e poi come per magia si disposero, si fusero in una forma che sembrava, anzi era un aquilone. Era magnifico, molto più grande di quello del babbo completo di filo che il signore prese e diede a Teresa. Era fatto di un sottilissimo filo di miele indurito.
E l’aquilone volò.

- In alto nel cielo?
- Si Mamma, altissimo e la luce lo faceva diventare rosso, come quello del babbo.

Ma non era stata l’unica magia che aveva fatto il signore delle api. Teresa era tutta intenta a manovrare il suo magico aquilone mentre l’uomo era seduto vicino e rideva, quando le chiese:

- Vorresti vedere qualcosa che non hai mai visto?
- Cosa?
- Qualunque cosa, basta che tu l’abbia immaginata e sarà possibile che tu la veda veramente.
- Ma come?
- Dillo a lei.
E con questo indicò una piccola ape che le volò sulla spalla e rimase a ronzare un poco prima di fermarsi.

- Cosa le dico? Non so come si parla alle api.

- , non c’è bisogno che tu lo dica con le parole, basta che lo pensi. Guardala e pensalo.

E così pensò a Brutto, il suo amico misterioso.

Quando restava da sola o era di cattivo umore,Teresa chiamava a farle compagnia, Brutto, il suo amico fantastico.
Aveva la stessa faccia del suo coniglio di peluche, gli occhiali del babbo, le scarpe a punta e col tacco della mamma ed era tutto morbidone. Rideva moltissimo e le faceva molta compagnia, per questo pensava a lui quando era sola e triste. Ma sapeva che non poteva essere bellissimo uno come lui e per questo lo aveva battezzato in quel modo: Brutto.

Appena ebbe visualizzato l’immagine del suo amico la piccola ape volò via veloce in direzione dell’aquilone e appena lo toccò questo esplose e si frantumò in migliaia, milioni di api.
Piovvero dall’alto verso terra velocissime e particella per particella costruirono un essere stranissimo che aveva il muso di coniglio con baffi lunghissimi sotto un paio di occhiali spessi e grandi e che si mise subito a saltare sulle sue scarpe da donna coi tacchi.

- Brutto! Sei tu!

- Caspita che fantasia. Disse l’uomo seduto sull’erba. E si mise a ridere mentre Teresa inseguiva il suo amico fantastico per il prato saltando e ridendo.












Mistero


Finalmente si era addormentata.
Da quando era nata Teresa, Elena sua madre, aveva avuto paura che le capitasse di tutto. Aveva sognato mostri che la prendevano o che assalivano la sua bambina. A volte la notte non dormiva dalla paura che potesse capitarle qualcosa di terribile.
Anche ora, non aveva il coraggio di lasciarla sola nella stanza. L’aveva spogliata e coperta. Era letteralmente crollata dal sonno: era stata una giornata faticosissima e non solo per lei.

Quando si era accorta che non c’era più le era sembrato d’impazzire. Aveva iniziato a correre attorno alla casa rovistando in tutti posti dove sapeva si nascondeva, prima con fastidio e poi con rabbia: come poteva essere così cattiva da farla preoccupare in quel modo?

Ma dopo un’ora di ricerca era stata assalita dalla disperazione e aveva spedito tutti a caccia della figlia.

Quanto tempo era passato, un’ora, tre, cinque? Non lo sapeva dire con certezza. Ricordava solo il momento in cui la vide arrivare, ridendo e scherzando per mano alla tata.
Milena le disse che l’aveva trovata, perché aveva sentito ridere forte. Non ci sarebbe riuscita altrimenti, perché, mai avrebbe pensato che dietro quei cespugli ci potesse essere un prato fiorito. Teresa era lì che saltava e rideva circondata da tantissime api. Le corse incontro per scacciarle, aveva paura che potessero pungerla, ma appena si avvicinò volarono via tutte insieme come se avessero risposto ad un comando.

- Ciao.

Questo le disse appena la vide, solo questo. E poi si mise a ridere felice. Lei si guardò attorno ma non c’era nessuno. La prese tra le braccia, le disse che erano preoccupati e che la stavano cercando, ma Teresa si liberò dall’abbraccio e corse veloce verso casa.
- Faticai a starle dietro, signora, continuava a ridere e dire che doveva raccontarle una cosa. Urlava di un uomo, di un mago e di api e magie.

Teresa, la sua bambina, così piena di vita e arzilla.
Elena tirò un sospiro, guardò la piccola figlia che dormiva sorridente, le diede un bacio e prendendo i suoi vestiti uscì dalla stanza.

Che fantasia, un uomo fatto di api, non si poteva dire che non riuscisse a sorprendere tutti coi suoi racconti.
Che giornata, dopo che era stata trovata avevano cercato di capire chi fosse l’uomo di cui parlava. Lei aveva pensato subito ad un maniaco, solo più tardi si era convinta che fosse tutta fantasia…
Soltanto non si spiegava le due piccole punture sul braccio e che fosse tutto appiccicoso di miele.
Ma era certo che nessuno l’aveva molestata, addosso non aveva nessun segno e, anzi sembrava stesse meglio del solito.

Ormai era buio e il marito sedeva sulla poltrona a leggere, quando era andato da lui per dirgli che non c’era niente di cui preoccuparsi, anche lui si era rilassato. Tra un po’ avrebbe preparato da mangiare, solo il tempo di mettere a lavare i vestiti di Teresa, togliere le cose di cui si riempiva le tasche e,.. rimase lì, di stucco.
Aveva infilato la mano nella tasca e l’aveva levata stringendo quel qualcosa di appiccicoso che stava lì dentro. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Era un piccolo gomitolo, giallo dorato, avvolto con cura. Guardò meglio e vide che non era appiccicoso perché pieno di colla ma perché era fatto di miele. Prese con le dita uno dei lembi e lo sollevò, guardandolo da vicino. Era proprio un filo di miele, che si stava sciogliendo sul palmo della sua mano. Batté gli occhi, fece un sospiro, guardò la porta della camera di Teresa:


- Ma, allora…

Nessun commento: